In questo articolo mi piacerebbe discutere un po’ meglio l’uso dei footprint di Google che abbiamo visto nello scorso post, e cercare di analizzarne l’uso concreto che, di fatto, possiamo fare di questo tool. Non dovrete installare nulla per usare questa tecnica di ricerca: vi basterà Google, e qualche piccolo accorgimento basato sugli operatori di ricerca (descritti in modo impeccabile qui).
Oh My God: Cosa Sono i footprint?
Come abbiamo visto si tratta di uno strumento utile per scovare backlink non visibili “in superficie” (ovvero mediante le ricerche “ordinarie”), e fare in modo di facilitare operazioni specifiche in ambito SEO. Diciamo che, senza perdita di generalità, queste strategie mirano a determinare ricerche “difficili da indovinare” per la concorrenza che facciano scoprire siti di qualità che potrebbero, per varie ragioni, linkarvi: forum, blog, portali con cui stabilire partnership e così via.
Footprint per siti di e-commerce
Un esempio di questo approccio, che amo ripetere in più sedi perchè molto esplicativo, è il seguente: supponiamo che io stia promuovendo il mio e–commerce di frutta e verdura dal sito ipotetico banananas.fruit (quando arriveranno i nuovi TLD di dominio potrebbe essere possibile…). Ad un certo punto, se volessi elencare tutti i siti che, in qualche modo, citano il mio brand, andrei a cercare:
- banananas -site:banananas.fruit
ovvero tutti i siti esterni al mio (l’operatore – serve ad escludere un risultato dalle ricerche) che riportano un riferimento al brand “banananas“. Questo footprint (una ricerca, come vedete, tutt’altro che comune) serve ad avere un’idea della propria popolarità sui motori di ricerca, e mi consente peraltro di fare “paragoni” quantitativi con altri brand (cercando lamponis -site:lamponis.fruit posso analizzare la concorrenza dell’odiato competitor, ad esempio, e vedere chi lo cita e perchè lo fa, oltre che, in certi casi, suggerirmi ulteriori link in ingresso da acquisire in futuro). Tra tutti i risultati di ricerca, di solito circa la metà sono potenziali fonti di link: ulteriori variazioni sul tema sono riportate di seguito.
- brand -site:sitobrand.com (siti che “hanno linkato brand“)
- “prodotto X” brand -site:sitobrand.com (siti che “hanno citato il “prodotto X” relativamente al brand e fuori dal mio sito)
Posso trovare l’elenco dei backlink di qualsiasi sito?
Cosa ancora più interessante è la query che lista i siti con SEO all’interno di (almeno) un’ancora di testo:
- inanchor:”chiave di ricerca”
che permette di trovare tutte le pagine che linkano contenuti verso varie tipologie di siti (genericamente, non verso uno a nostra scelta). Non è possibile, purtroppo (o per fortuna), specializzare ulteriormente questo tipo di ricerca, in quanto lo stesso Matt Cutts ha impedito che l’operatore link: fornisse troppe informazioni in merito. Questo genere di strategie hanno la funzione essenziale di consertirci di studiare (alla meglio) la concorrenza, e di trovare “suggerimenti” per essere listati ad es. nelle (buone) directory degli altri, comparire negli stessi blog e via dicendo (ovviamente ciò deve essere uno spunto, non certo un limite o una scopiazzatura!).
Come trovare i link in ingresso ad un sito: accortezze
È necessario in prima istanza tenere conto una serie di premesse, ovvero:
- i link in ingresso che acquisite dovranno preferibilmente provenire da siti tematici con il vostro, in modo da mettere bene in vista una “pezza giustificativa” alla loro presenza;
- le ancore (il testo che eventualmente accompagna i link esterni) non dovrebbero, in nessun caso, seguire uno schema predefinito, ovvero volto a forzare i posizionamenti del vostro sito, in quanto potrebbe creare un pattern (ad esempio: 1000 backlink con ancora identica “corsi SEO“) causa, in molti casi, di problemi; questo, soprattutto, se il vostro sito possiede un commercial intent (cioè se lo utilizzate per vendere qualcosa).
Quando parlo di “link in ingresso”, nello specifico, faccio riferimento non a quelli già esistenti (per i quali il webmaster tools di Google è un eccellente strumento di check) bensì a quelli “potenziali“, ovvero che ancora non sono stati rilevati e che, per varie ragioni, potrebbero essere future fonti di traffico per il vostro sito: in pratica, vi sto raccontando un modo “alternativo” per fare link building che in certi casi, nella mia esperienza, funziona piuttosto bene.
Esempio concreto: cercare siti fatti in WordPress
Con una “ricerca tradizionale” andremmo a cercare genericamente i link in ingresso ad esempio in questo modo (poniamo che il nostro sito si occupi di prodotti Apple):
- macbook guest post
- ipad article marketing
- directory siti iphone
Tutte ricerche lecite tanto quanto “troppo generaliste”, e tendenzialmente poco variabili nel tempo: ecco il solito article marketing blog che accetta un po’ di tutto, la solita directory da due soldi e così via. Il concetto di footprint cerca di identificare in modo più mirato, nello specifico, siti fatti esclusivamente in WordPress, o almeno una buona parte di essi, cercando l’occorrenza di una frase che compare, spesso per distrazione del webmaster, all’interno del sito: “powered by WordPress“. Del resto sui siti in WP sappiamo tanto: sono solitamente di qualità (non sempre), i commenti sono inseribili in modo standardizzato (con possibilità di inserire il nostro URL), probabilmente abbiamo già un account su WordPress.com pronto per poter interagire con siti del genere, sappiamo anche come si fa (in caso) a creare un account guest.
Con una ricerca mediante footprint potremmo cercare (estendo un po’ il discorso affrontato nel video-tutorial della scorsa volta):
- macbook “powered by wordpress”
- iphone inurl:wp-content
- ipad inurl:wp-login.php
Ho cercato, in sostanza, tre caratteristiche che rendono WP univoco: il footprint “powered by wordpress“, un wp-content di parte di alcuni suoi URL e la presenza di un file wp-login.php (qualora esso sia stato indicizzato, cosa piuttosto rara in certi casi). Se con qualche opzione non uscisse fuori nulla, potete provare qualcosa di differente che preveda, ad esempio la presenza della chiave ad es. nel title (intitle:ipad inurl:wp-login.php), e simili altre combinazioni. L’ideale, s’intende, è conoscere molto bene come funzionano questi CMS e cercare siti sulla base di questo genere di caratteristiche. In questo modo otterremo una lista in ingresso dalla duplice utilità: da un lato blog WP tematici su cui poter proporre il nostro bellissimo (si spera) guest post, dall’altro pagine su cui effettuare comment marketing e generare un po’ di buzzing sul nostro sito (evitando quantomeno di firmarsi con nick discutibili quali “vendita iphone” o “macbook low-cost“, che fa sempre “scarsa eleganza“).
Il processo di scrematura dei risultati è sempre, footprint o meno, alla base della riuscita del vostro lavoro di SEO, per cui evitate di affidarvi alla cieca a questo genere di cose, e cercate, se servisse dirlo, soltanto l’interazione con siti di qualità (meglio un singolo link dal sito della Apple che 1.000 da siti secondari con 10 pagine indicizzate ciascuno, per intenderci).
Altri esempi: ricerche “estese” con *
Quando non sappiamo precisamente “cosa cercare” (o cosa cercherà il nostro visitatore), l’operatore “jolly” * può essere molto utile in quanto, di fatto, ci permette di estendere/alterare/mettere nel sacco più risultati, anche se tale maggiore numerosità non è indice di qualità in automatico, e soprattutto non si riflette necessariamente nella pratica. Quello che intendo è che l’asterisco non serve “di default” a restituire più risultati, bensì a cambiare il significato della query rendendola, in un certo senso, più generica.
Riporto un interessante controesempio a quello proposto nel video:
- cercare apple guest post produce 112.000.000 risultati (al momento in cui scrivo)
- apple * “guest post”, di contro, ne produce solo 31.000.000
Maggiore qualità non implica affatto maggiore qualità: di fatto, da queste due ricerche sostanzialmente simili come scopo, escono fuori differenti risultati, tra cui potreste trovare siti interessanti in un caso come nell’altro. Ci vuole un minimo di pratica, quindi: l’operatore * è utile per estendere il range ma, come questo approccio in generale prevede, rischia di far emergere siti spazzatura o inutili, che servono davvero a pochissimo. Non a caso, infatti, i footprint erano originariamente utilizzati dagli hacker per scovare le falle informatiche, e su questo argomento dovrei aprire una parentesi enorme (ci sono interi database online dedicati all’argomento).
Cercare forum tematici: ecco come!
Altro esempio potrebbe riguarda la manipolazione della ricerca che già facciamo ogni giorno, ad esempio invece di cercare la chiave esatta “apple” (il che serve a poco per la link building) potremmo optare per:
- apple intitle:forum
- apple inurl:forum
- forum inanchor:apple
che permettono di trovare esclusivamente forum a tema “apple”.
Bisogna specificare che questo processo è in parte affetto da “cecità”, perchè in molti casi (specie se siete in grado di produrre contenuti interessanti) le citazioni del nostro sito sono del tutto spontanee e non c’è modo, se non ricorrendo ad un indovino, di prevedere chi ci citerà, visto che – come scrive ironicamente il sempre pungente Michael Martinez su SEO Theory – il più delle volte finirà per farlo per motivi del tutto stupidi (scambi di link, “amicizie” e via dicendo). Del resto quello delle citazioni spontanee è l’argomento che preferisco riportare quando sento dire (neanche qualche settimana fa da colleghi) che la link building sarebbe addirittura da “sconsigliare” in quanto basterebbe lavorare sull’ottimizzazione on-page. Argomenti fallaci, mi sembra: se ognuno guardasse il proprio orticello non ci sarebbe il libero mercato del web che conosciamo, ed il bello del marketing sono gli scambi, i backlink stessi come scambio, alla fine.
I footprint sono un modo per esplorare il web diverso dal solito, in parte addirittura divertente, oltre che uno strumento in più che vi fornisce maggiore flessibilità, in teoria, nell’approccio alla SEO: tutto dipende da come, e da quando, saprete farne uso.