Come è cambiato il modo di fare SEO in Italia? Con riferimento particolare al mondo dei blogger, vediamo in cinque punti quali sono stati i fattori più rilevanti di quest’anno, in vista delle ulteriori novità per il 2012.
È ancora utile scrivere tanto in un blog? Si tratta di un problema molto discusso che ancora non ha trovato una risposta davvero chiara. Di fatto in Italia ci sono parecchi che lavorano sulla content-production: aspiranti scrittori, copywriter o semplici SEO. Il successo dei vari marketplace di contenuti (Scribox, AlVerde, MelaScrivi) testimonia quanto stia crescendo il web in questa direzione, creando così una concorrenza di contenuti molto consistente, in crescita velocissima e piuttosto difficile da affrontare se non ci si organizza adeguatamente. Ogni sito di qualità tende a scritturare writer che possano produrre contenuti originali e di qualità, mentre – almeno ufficialmente – le linee guida di Panda consigliano semmai di abbandonare la content production selvaggia, in favore anche di pochi articoli ben focalizzati e che siano di grande qualità. Direi che in questo senso è ancora necessario che un sito abbia un minimo “sindacale” di articoli indicizzati; al tempo stesso le metriche SEO che ho trovato più significative quest’anno sembrano essere le seguenti.
- Prima di tutto, la percentuale di rimbalzo: più è alta, meno il sito tenderà a posizionarsi bene per una certa parola chiave; questo parametro va tenuto d’occhio perché rappresenta il livello di interesse medio dei lettori verso i vostri contenuti.
- Il numero di visite: più ne riusciamo a fare, più probabile sarà comparire in prima pagina; è un dato di fatto che gli articoli meglio posizionati dei miei blog, ad esempio, coincidano con quelli più visitati, anche se questo non mi garantisce nulla sull’effettivo posizionamento.
- Il numero di share / like sui social network (StumbleUpon, Facebook, Twitter, Google Plus): è praticamente certo che Google utilizzi le condivisioni come una sorta di “segnaposto” per gli utenti. Non sempre questo fattore è facilmente misurabile, peraltro procura un buon numero di visite con la possibilità di ricadere, di fatto, nel caso precedente.
- Il numero di lead, vendite e click utili che si riesce a produrre, e questo a prescindere dal numero di visitatori che può anche essere anche basso (meglio 10 lead per 100 visitatori mensili che 1 solo lead per 10.000 mensili, specie se si tratta di blog di nicchia). Una metrica che definiamo noi internamente, e che assume caratteristiche diverse a seconda dei contenuti in gioco (vedi ad es. il grafico sugli obiettivi dello strategy planning per il 2012 riportato da SearchEngineWatch).
Pensare dunque che il numero di articoli possa influenzare positivamente il posizionamento di un blog, a questo punto, diventa una semplice illazione senza un reale fondamento, anche se ovviamente più pagine esistono più il crawler di Google ne indicizzerà, creando quantomeno i presupposti per ricevere visite incentrate su una molteplicità di parole chiave. In effetti bisogna aggiungere che, tra le novità più importanti di quest’anno, si è ben delineata la definizione della qualità dei contenuti, concetto che viene fatto coincidere con “quello che piace di più agli utenti“. Quindi non basta saper scrivere bene, ma bisogna essere anche in grado di generare partecipazione attiva ed entusiasmo negli utenti. Sappiamo bene che Google da qualche tempo fornisce non soltanto la libertà di “evidenziare” mediante like i propri risultati preferiti, ma anche quella di escludere i siti sgraditi dalle ricerche (ne avevo parlato nel mio precedente articolo). Questo condanna in teoria i siti di spam, i quali ancora oggi – nonostante lo stra-discusso Panda e gli annessi report riportati – sono vivi e vegeti, e che si posizionano sulla base di criteri piuttosto oscuri, facendo intuire che la strada da percorrere in termini di qualità sia ancora lunga. Certo è che i webmaster dovrebbero dedicarsi a realizzare contenuti che siano sempre più incentrati sugli utenti e che siano realmente utili; questo potrà avvenire non solo mediante articoli originali ma anche, se possibile, widget interattivi, utilità oppure applicazioni mobile (si veda, ad esempio, il grande successo di quest’anno del trova-prezzi per iPhone, mutuato direttamente dall’omonimo sito).
Dunque se finora abbiamo sempre giocato sul cercare di definire degli improbabili reverse engineering di Bing e Google, da quest’anno sappiamo per certo che i visitatori potranno estromettere un sito sgradito dai propri risultati di ricerca, rendendo sostanzialmente inutile qualsiasi sovra-ottimizzazione di parole chiave o di backlink esterni. Non è un caso, in effetti, che il mercato di compravendita di link stia lentamente mutando in quello dei Like di Facebook, quasi a voler sottolineare l’importanza, confermata a metà anno da Google stessa, di strumenti di condivisione sociali per influenzare proprio le ricerche personalizzate. In effetti molti blog di successo, al giorno d’oggi, misurano la propria fama sulla scia del numero di condivisioni che sono riusciti ad ottenere, ricordando che non esistono soltanto Twitter e Facebook, ma anche strumenti molto più mirati come StumbleUpon.
Il backlink stesso, in definitiva, sembra aver perso parecchio della sua valenza iniziale, visto che sembra essere una condizione comunque necessaria ma non più sufficente per il posizionamento: avere anchor text a tema rimane fondamentale esclusivamente per “buttarsi nella mischia” dei risultati. Il resto lo fa, almeno sulla carta, il valore aggiunto fornito dalle pagine, in base a come viene “votato” dagli utenti social; non valgono più, a quanto pare, le tecniche di backlink building massivo, tanto in voga fino a qualche tempo fa. Google, dal canto suo, dopo aver ridimensionato addirittura l’importanza delle singole parole chiave, arrivando a nasconderle da strumenti come Analytics in nome della privacy dei visitatori, ha insistito un bel po’ sulla authorship dei contenuti: dunque da quest’anno esistono degli autori, accreditati mediante doppio link da e verso il proprio profilo Plus, che sembrano essere “trattati meglio” in termini di indicizzazione dei contenuti. A parte questo l’utilizzo dell’attributo semantico per il riconoscimento dei web writer di fiducia ha avuto finora, almeno in Italia, un riscontro soltanto teorico, così come la valorizzazione del semantic web di certe nicchie (e-commerce, siti di ricette e via dicendo).
Ricordando che gli upgrade dei motori di ricerca raramente si propagano con la stessa velocità in tutto il mondo, facciamo quindi attenzione a prendere come oro colato le innovazioni introdotte magari solo dall’altra parte del mondo, e proviamo magari a partire dal prossimo anno, a staccare la spina dai fattori SEO in quanto tali, cercando di pensare esclusivamente a quello che stiamo facendo, cercando di tenere ben definito il focus e di innalzare la qualità di tutto quello che proponiamo nel blog. E senza inutili ossessioni che, ormai, rischiano di non avere più alcun senso.