On line la partita della ricercabilità dei testi la giocano correttezza e usabilità. Perciò, dopo il prontuario per evitare le sviste ortografiche più comuni, vogliamo ripassare le regole base della punteggiatura.
I segni di interpunzione scandiscono il ritmo dei periodi e li armonizzano. Imparare a usarli con consapevolezza è il risultato di un continuo allenamento, a partire dalla lettura critica. Anche in questo caso, comunque, non vogliamo impartire lezioni di grammatica, ma solo fissare dei paletti per chi lavora con le parole tutti i giorni.
Un punto e basta
Il punto è il segno d’interpunzione per eccellenza e indica sempre la fine di un concetto.
Lo troviamo:
- alla fine di una frase o di un periodo;
- alla fine delle abbreviazioni (ing., dott.);
- al centro di parole contratte (f.lli, gent.mo)
Graficamente il punto è sempre attaccato alla parola che lo precede e staccato da quella che lo segue.
La virgola
La virgola indica una pausa breve ed è il segno d’interpunzione più difficile da usare, a mio avviso. Serve a ritmare la preposizione, di cui scandisce le pause e gli incisi. Sostituisce persino una congiunzione, se usata con consapevolezza.
Possiamo utilizzare la virgola:
- negli elenchi di nomi o aggettivi;
- negli incisi (va sia prima sia dopo l’inciso);
- dopo un’apposizione;
- dopo un vocativo e anche prima se non è in apertura di frase (Napoli, città di mare);
- nel corpo del periodo per coordinare le preposizioni;
- nel corpo del periodo per separare frasi coordinate introdotte da anzi, ma, però, tuttavia e diverse subordinate (relative esplicative, temporali, concessive, ipotetiche, non le completive e le interrogative indirette) dalla principale.
A scuola ci hanno insegnato che due preposizioni coordinate da e non richiedono mai la virgola. In realtà si tratta solo di una fissa scolastica: è il redattore a scandire le pause e a scegliere se usare la virgola dopo la congiunzione.
Esempio: Pereira ridiscese tre scalini, sostiene, e la guardò in viso (da “Sostiene Pereira” di Tabucchi).
Tra i maggiori rompicapi, di certo, primeggia l’uso della virgola in presenza di una preposizione relativa.
Se, infatti, la virgola precede il pronome relativo indica inequivocabilmente un cambio di soggetto.
Esempio: Il cortile della casa che affaccia sul lago
E’ il cortile ad affacciare sul lago.
Se invece scrivo: Il cortile della casa, che affaccia sul lago
E’ la casa ad affacciare sul lago.
Ci sono, poi, delle ipotesi tassative in cui non dovremmo mai apporre la virgola:
- tra soggetto e verbo;
- tra verbo e complemento oggetto;
- tra il verbo essere e l’aggettivo o il nome che lo accompagna nel predicato nominale;
- tra un nome e il suo aggettivo.
Graficamente la virgola segue sempre la parola che la precede e richiede uno spazio rispetto alla parola che segue.
Punto e virgola
L’uso del punto e virgola è di solito sconsigliato on line. Il web predilige la semplicità e l’uso del punto fermo. Il punto e virgola segna una pausa forte, ma non legata necessariamente all’espressione di un nuovo concetto. In letteratura è molto usato, ma su Internet è più frequente trovarlo per indicare elenchi complessi.
Esempio: sono intervenuti Tizio, addetto alla sicurezza; Caio, addetto stampa; ecc ecc.
Rispetta le stesse regole grafiche del punto e della virgola.
I due punti
È un segno d’interpunzione esplicativo, che può sostituire le congiunzioni cioè, ovvero e simili. In generale anticipano sempre:
- una spiegazione;
- una descrizione;
- un discorso diretto;
- un elenco
Uniremo sempre i due punti alla parola che li precede e li separeremo con uno spazio da quella che segue.
Il punto interrogativo
Segna la fine delle interrogative dirette e contraddistingue una domanda. Va sempre attaccato alla parola che lo precede e staccato da quella che segue.
Il punto esclamativo
Lo troviamo in genere alla fine di frasi che esprimono stupore, meraviglia o sorpresa. Segue le stesse regole grafiche degli altri segni d’interpunzione. L’ esclamativo e l’interrogativo possono essere usati anche insieme, per lo più nei fumetti o nella pubblicità.
I puntini sospensivi
Diciamo una volta per tutte: i puntini sospensivi sono tre, né quattro, né due. Indicano una sospensione, una reticenza e sono sempre uniti alla parola che li precede e staccati dalla parola che segue. Si usano anche per indicare un’omissione in una citazione: in questo caso li troveremo racchiusi tra due parentesi, tonde o quadre.
Virgolette, parentesi e trattini
Non sono segni d’interpunzione, ma li usiamo ogni giorno per indicare un discorso diretto, un titolo, un nome, aprire o chiudere una frase paritetica e/o un inciso.
Le virgolette possono essere
alte (” “)
basse o sergenti (« »)
semplici o apici (‘ ’).
Per circoscrivere un discorso diretto o una citazione, possiamo usare sia le alte che le basse Il corsivo resta un’alternativa grafica, che invece è di regola utilizzata per le parole straniere.
In genere sono le redazioni a dettare le regole, tra cui primeggia, senz’altro, la coerenza del testo.
E infatti se usiamo le virgolette alte (“) per introdurre un discorso diretto in un periodo, faremo lo stesso anche nel successivo. L’armonia visiva alleggerisce il testo e dona armonia allo scritto, sia on line che sul cartaceo.
Dobbiamo sempre staccare le parentesi e le virgolette di apertura dalla parola che precede ed unirle a quella che segue. Al contrario quelle di chiusura vanno attaccate alla parola che precede e staccate da quella che segue.
Il trattino lungo
Indica un inciso e dovremo sempre separarlo con uno spazio sia dalla parola che lo precede sia da quella che segue.
Il trattino breve (trait d’union)
Serve per unire parole composte da due concetti diversi e non vuole mai la spaziatura (socio-politico).
C’è da perderci il sonno, eppure anche questi piccoli segni sono importanti, come una bella pettinatura su un vestito da sera. Non sei d’accordo?