Secondo una leggenda metropolitana, nel 1999 due ragazzi, all’anagrafe Larry Page e Sergey Brin, si recarono a Roma per chiedere un semplice incontro col Governo di allora per un permesso per potersi sistemare e creare ciò che desideravano divenisse il loro quartier generale europeo della loro attività; la risposta di tutto punto fu però un secco “No“.
L’Italia di quel periodo era alle prese con la questione-Olivetti e l’informatica era considerata solo una moda di passaggio. Di conseguenza la coppia di studenti dell’Università di Stanford ha cercato altre vie fuori dall’Italia per mettere a punto le proprie teorie; successivamente nasce Google con tutte le “conseguenze” che conosciamo.
Ma cosa c’entra questa premessa col titolo che ho “appioppato” al pezzo? “Nulla” direte voi, oppure ci sarà qualcuno che avrà avuto una minima intuizione su dove voglio andare a parare.
Per meglio spiegare il tutto, ci affidiamo a Google Inc., secondo cui in Italia solo il 17% delle aziende ha un sito internet; esattamente la metà ad esempio della Spagna (34%). Un numero impietoso che spinge a pensare che il Bel Paese abbia perso un’occasione più unica che rara verso il mondo della digitalizzazione. Una possibilità che avrebbe dato una bella boccata d’ossigeno (forse anche qualcuna in più) alla nostra Economia e al nostro tanto caro PIL per diversi anni.
Già il dato è impietoso e forse sarebbe meglio chiuderla qui, ma almeno un’altra domanda attanaglia il mio neurone buono: di questo 17%, quanti siti che sono sul web sono quantomeno “guardabili”? Apriti cielo. Una discussione che ha avuto inizio nella notte dei tempi e chissà quando (e se mai) avrà fine. Clienti che si rivolgono a professionisti dimenticandosi però di fare i clienti, oppure sono amanti del “Ma sì, che ci vuole mai, anche il fratello del cugino del mio parente di 7° grado lo sa fare” e, pur di risparmiare qualcosa a livello economico, si ritrovano un prodotto impossibile da navigare per l’utente medio, e da dover modificare per il meglio (riapriti cielo).
Già, perché il web non è statico, è in continuo movimento, e i veri professionisti (per fortuna ce ne sono tanti e davvero bravi), oltre che lavorare, sono sempre appresso ai vari aggiornamenti, alle nuove strategie e tecniche per garantire il massimo del servizio. In questo periodo di crisi, si sa, i budget son quelli che sono e si deve fare sempre di necessità virtù da ambo le parti (mai prenderlo però come giustificazione per ogni cosa), ma non bisogna mai dimenticare la dignità, umana in primis, e professionale.
Il lavoro che c’è dietro è davvero immane e merita la congrua ricompensa. Ovviamente non tutto è così (saremmo allo scatafascio): esistono persone con la vera mentalità imprenditoriale, che sanno investire nel loro prodotto e affidarsi alle persone giuste, capendo anche che il mondo del web non è un mondo certo, ma pieno di concorrenza e di insidie che si possono presentare in qualsiasi momento.
Fonti: Corriere.it