Digital PR: dall’ascolto alla content strategy

Tempo stimato di lettura: 8 minuti, 2 secondi
Pubblicato il 20 Novembre 2013

Con questo post, lungo e dettagliato, voglio fare una panoramica di cosa sono e a cosa servono le digital PR. Le informazioni utilizzate per creare questa guida provengono da letture di articoli stranieri e webinar a cui ho partecipato nel tempo.

Sei pronto? Iniziamo!

Cosa sono le digital PR?

Le digital PR comprendono tutte quelle attività di marketing volte a creare e/o aumentare il numero e l’importanza delle conversazioni on line.
In parole povere servono ad accrescere e curare quello di cui negli ultimi anni si parla sempre in rete: la reputazione.

Le digital PR hanno un approccio relazionale, perché materialmente creano relazioni tra il brand e gli utenti (che non sono più semplici clienti), motivo per cui si parla  principalmente di buzz marketing e marketing conversazionale.
In breve si tratta della forma più antica e forse anche più potente di advertising, il passaparola, altrimenti detto in gergo WOMM (acronimo per Word-of-mouth marketing).

Il buzz marketing (o WOMM) è uno strumento incredibilmente potente: pensa, da uno studio di settore si legge che il 90% degli utenti intervistati ha dichiarato che nella decisione relativa ad un qualsiasi acquisto o servizio si fida principalmente delle opinioni date da persone autorevoli.

Quindi in sostanza il passaparola costituisce la forma di pubblicità che gli utenti on line reputano più credibile.

Quindi è chiaro che le attività di digital PR rappresentano un’occasione troppo ghiotta per un brand che vuole promuovere se stesso e i suoi prodotti o servizi.

Una frase che si ripete spesso nel mondo del digital marketing è: “I consumatori stanno già parlando, la tua unica possibilità è entrare nella conversazione”.

Come entrare nella conversazione on line

Il panorama in cui ci si muove è quello di un consumatore connesso con milioni di altre persone che possono comunicare le une con le altre in un luogo dove possono dare a loro volta opinioni sull’esperienze di acquisto.

Si parla in questo senso di potere editoriale diffuso: con questa definizione si fa riferimento al fatto che oggi tutti possono esprimere le proprie opinioni liberamente.
Proprio per questo motivo non ascoltare e non prendere parte alle conversazioni che avvengono attorno al brand e ai prodotti servizi è un’occasione più che sprecata.

È fondamentale non dimenticare che partecipare alla conversione on line significa entrare in realazione con altre persone: è fondamentale rispettare alcune regole pratiche di comportamento. E tenere sempre presente che dietro ogni pc c’è una persona, per cui è necessario agire sempre con onestà, trasparenza e gentilezza, oltre a mostrarsi sempre disponibili a chiarire il messaggio che si desidera trasmettere. Ed essere pronti anche ad ammettere gli errori commessi e correggerli.

Cosa è il WOMM

In una parola è il mkt del passaparola. Il buzz (il passaparola) relativo ad un contenuto ovviamente non si attiva in modo autonomo, ma è l’effetto di azioni di marketing on e offline ben precise.

Ma in cosa consiste più precisamente?

Il punto è fornire agli utenti uno spunto per parlare di un prodotto o di un brand innescando il passaparola, cioè un processo naturale e spontaneo di scambio di informazioni e giudizi su un dato prodotto, brand o su un servizio.

Ma on line il passaparola non avviene generalmente sui media gestiti dall’azienda, ma su quelli owned, conquistati, che principalmente sono rappresentati dai blog, forum community, ovvero i luoghi dove in rete dove si aggregano gli utenti.

E qui si inserisce il tema del fantomatico seeding…

Il seeding

Il seeding costituisce il cuore, la vera essenza delle attività del buzz marketing e delle digital PR (che poi si concretizzano nelle conversation seeding).

Seeding letteralmente vuol dire “inseminare” e riferito ad un contenuto significa mettere in evidenza quel contenuto rivolgendosi a degli interlocutori ben precisi, in particolar modo agli influencer e/o alle community con lo scopo preciso di renderli partecipi della campagna e far sì che parlino (positivamente è preferibile) del vostro brand, facendo in qualche modo da garanti per voi.
Perché anche in rete, come nei club più esclusivi, è necessario essere presentati da qualcuno che conta per poter entrare dalla porta principale e acquistare a sua volta autorevolezza e credibilità.

Chi sono gli influencer?

Ma vediamo più da vicino chi sono queste creature mitiche.
Gli influencer sono quelle persone che per l’appunto in rete hanno maggiore importanza e svolgono il ruolo di “evangelist”, cioè influenzano le opinioni della rete.

Sono un tassello importantissimo del buzz marketing, perché sono utenti in grado di innescare delle dinamiche di propagazione virale, in quanto raccolgono attorno a loro una comunità di utenti nella quale rivestono un ruolo autorevole e sono quindi in grado di favorire la diffusione dei contenuti. Che è quello che ci interessa se stiamo pianificando una buzz strategy.

Ma chi sono questi fantomatici influencer? E soprattutto dove si nascondono?

Identikit dell’influencer

  • Appassionato di qualcosa in particolare (tecnologia, enogastronomia, moda, make up, ecc.)
  • Consumatore attivo propenso alla sperimentazione di nuovi prodotti e servizi
  • Content generator (attraverso blog, canali social e forum)
  • Riconosciuti dal basso come fonte informativa di fiducia
  • Raccolgono comunità di utenti e hanno la facoltà di influenzare le scelte di consumo di questi gruppi.

Come scovare gli influencer

Esistono diversi modi per capire chi fa al caso vostro.
Un primo semplicissimo strumento consiste nell’attivare Google Alert per individuare chi parla (e come) del settore che ci interessa.

Un secondo passo è verificare il Klout di chi parla. Klout è un misuratore dell’influenza, indice di reputazione che prende in considerazione una serie di parametri in base al numero di interazioni (engagement) che avviene nei diversi canali social. Klout misura con una scala che va da 0 a 100 il grado di interazione. Più è alto il punteggio, più è autorevole la persona.

La terza mossa consiste nel verificare la bontà degli autori: quindi capire, quante volte viene citato nei forum, in altri blog.

Altra mossa, che si può fare di pari passo con la prima è controllare gli hashtag relativi all’argomento che ci interessa nei social network come Twitter, Google Plus e Twitter.

Le community

Le community sono gruppi che vivono in rete, nei forum, sui social network (gruppi su Facebook o di Google Plus o Linkedin) che raccolgono e aggregano persone che condividono interessi e passioni e che potenzialmente sono interessati al messaggio che si vuole veicolare attraverso le digital PR.

Propagazione virale

La meccanica virale è un processo di passaparola e condivisione che permette ad un contenuto di diffondersi nel web largamente e molto velocemente, proprio come fanno i virus dell’influenza. La propagazione virale è quello a cui puntano tutti perché garantisce un grande risultato di marketing ad un costo via via sempre più basso.

Il buzz marketing: a cosa serve

  • aumenta l’autorità del brand o prodotto
  • attira l’attenzione di potenziali appassionati su un determinato prodotto o servizio
  • genera passaparola positivo su un brand/prodotto e quindi è in grado di correggere la reputazione del brand
  • porta la gente a compiere le CTA contenute nel messaggio
  • genera conversioni su un web site
  • raccoglie feedback di esperti su un prodotto/servizio.

Da cosa partono le attività di Digital PR

Il primo passo è l’ascolto. Per prima cosa è necessario comprendere in quel determinato momento chi, dove e come parla del mio brand in rete e per farlo esistono diversi strumenti, dai più semplici a più complessi come la netnografia. Quindi la parola d’ordine è monitorare.

Buzz seeding

È la segnalazione di contenuti alle community potenzialmente interessate al messaggio della campagna.

La blog relation è un diverso modo di fare seeding, che è più indirizzata agli influencer e coinvolge in prima istanza i blog. La seeding strategy invece ha più lo scopo di seminare perché lì nasca una conversazione intorno al contenuto.

I 3 step per costruire una seeding strategy

  • dove (qual è il target della campagna, quali fonti da considerare, aree tematiche)
  • come intervenire (conversation seeding, product test, eventi, ecc.)
  • cosa: content strategy: i contenuti da proporre
  • risultati: misurarli

#1 Dove
Il processo di identificazione delle aree di intervento è detta audit e vede la mappatura dei seeding channels da coinvolgere.

Il data base in questa fase iniziale costituisce un elemento importante e che può essere costituito anche da un semplicissimo foglio di Excell dove si registrano e catalogano tutte le informazioni sul singolo sito/community/blog/account con cui si è innescata una relazione o che si è contattato.
Il data base è fondamentale perché  permette di tracciare la relazione che abbiamo avuto con questa persona e avere così uno storico.

2# Come
Ecco alcuni esempi con cui è possibile coinvolgere i blogger:

  • give-away
  • blog sponsored post
  • product test
  • blogger day
  • blog trip

3# Cosa
Questo step è la fase della content strategy vera e propria.

Il contentuto da proporre, da inseminare in rete, deve essere interessante e identificare i messaggi chiave che rendono il racconto interessante per il nostro interlocutore. Deve far scattare qualcosa, toccare le corde vibranti e le tensioni scoperte per innescare il buzz, il passaparola.

4# Misurare
I risultati e le performance di un’azione di digital PR si possono misurare in termini sia qualitativi che quantitativi.

In generale e brevemente ecco in base a cosa misurare la bontà dell’attività di digital PR:

  • numero di post e articoli che hanno parlato del nostro brand
  • numero di citazioni del brand
  • numero di condivisioni, commenti, like di un post
  • dati di traffico/visite ai post
  • tipologia di blog, siti community e utenti coinvolti
  • reach della campagna, quante persone siamo riusciti a raggiungere
  • click ai nostri spazi
  •  modifiche alla serp di google
  • visualizzazione di materiale multimediale

Il post che ne è uscito fuori è davvero lungo e corposo, ma se sei arrivato fino a qui, ti sei fatto un’idea di quanto sia importante ma allo stesso complesso orchestrare una campagna di digital PR.

Che aspetti, allora, pianifica i contenuti che possono coinvolgere utenti e dà loro un buon motivo per parlare del tuo brand!

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