Ho sempre avuto un insano interesse nei confronti di DMOZ: per chi non avesse presente, si trattava di una delle più grandi web directory a livello mondiale, capace di catalogare 3.861.166 di siti web suddivisi in più di un milione di categorie. Poco di cui vantarsi, comunque, perché domani – 14 marzo 2017 – la celebre web directory chiuderà i battenti per sempre.
Il fatto che DMOZ abbia preso questa decisione, peraltro dopo aver recentemente migliorato il proprio sito rispetto alle origini (… un po’ in ritardo: avevano deciso di diventare responsive solo da pochissimo) fa riflettere sulle conseguenze a livello di attività di link building. Attività spesso complicata da eseguire, per cui è impossibile determinare uno standard unico, che molto dipende dal settore di appartenenza del sito – e per cui possiamo trovare al massimo delle sommarie generalizzazioni.
La fine di DMOZ comporta, per quello che conta, una piccola scossa per le attività SEO, piaccia o meno e a prescindere da eventuali considerazioni critiche in merito. La cosa interessa anche chi aveva sempre fatto spallucce sentendone parlare, perché si tratta di un colpo basso per i competitor più vecchi che ne sfruttavano, ancora oggi, i vantaggi.
Un po’ di storia
DMOZ, nata nel 1998 col singolare nome di GnuHoo, catalogava siti di ogni genere basandosi su una divisione in categorie: la web directory, infatti, si consultava partendo da sezioni generiche (Italiano, Inglese, …) per poi scendere gerarchicamente nello specifico. Se da un punto di vista formale la cosa era impeccabile, da quello degli utenti era spesso causa di numerosi mal di testa: in molti casi, infatti, l’utente non sa da dove far cominciare la ricerca.
Questo avveniva perché, all’epoca del loro massimo splendore, non c’erano motori di ricerca troppo evoluti: cercare “cose” digitandole – come facciamo oggi su Google – era poco efficace, e l’unico modo accettabile (per tecnologie e conoscenze dell’epoca) era di sfruttare un sistema di classificazione analogo a quello di più biblioteche messe assieme.
Per essere inseriti su DMOZ, inoltre, dal punto di vista dei proprietari dei siti era necessario trovare la giusta sezione, e anche solo questo era complicato, a volte; poi dovevi proporre un titolo e una descrizione accettabili, e attendere giorni, mesi, a volte addirittura anni per l’eventuale pubblicazione. Per tenere in piedi tutto questo, infine, DMOZ si avvaleva di quasi 100.000 editor in 90 lingue diverse: una redazione internazionale che avrebbe fatto invidia a chiunque.
Inutile sottolineare, quindi, quanto DMOZ potesse valere per i SEO, almeno fino a qualche anno fa – e per quanto la cosa fosse soggetta a pareri discordanti: da un lato chi ne riconosceva il valore per via del PR 10 (ormai lo sappiamo: il PageRank non è tutto, e non è solo in base a questo che si fa buona SEO) e per l’elevata link difficulty (difficoltà a ottenere un backlink medio-alta), dall’altro chi la snobbava perché la capiva poco, o la considerava solo una cosa da dimenticare (non completamente a torto, devo riconoscere).
Cosa cambia per i SEO?
Da un certo punto di vista, se volessimo approcciare in modo sbrigativo, non cambia nulla: chi non prendeva in considerazione DMOZ come fonte di backlink non dovrà fare nulla, anzi potrà quasi festeggiare che gli amati (?) competitor possano aver perso questo genere di opportunità. Dall’altro, la questione è comunque rilevante perché finisce per dare una piccola “spallata” al WEB: uno dei siti più famosi al mondo sta per chiudere, e non è comunque una notizia da prendere sottogamba.
Credo che Google non possa non tenere conto di questo cambiamento (o, se preferite, può darsi che questo cambiamento sia lo specchio del Google attuale), perché a mio avviso la morte di DMOZ (R.I.P.) produce due effetti importanti sulle attività SEO. Da un lato conferma la fine del significato “meccanico” del backlink, cioè link misurato e valutato esclusivamente in termini numerici di PA, PR e simili: il contesto si conferma fondamentale per determinarne il valore (la componente umana della SEO avrà comunque grandissimo valore, altrimenti non si spiegherebbe il ruolo del consulente nel farla). La link building non è morta, insomma, ma sta certamente cambiando modi e tempistiche.
D’altro canto la fine di DMOZ sancisce indirettamente il valore rinnovato e confermato dei backlink editoriali, una delle alternative più valide e praticabili oggi, ovvero i link provenienti da siti web veri, “vissuti” dagli utenti, non certo scialbi, di facciata o asettici come era – obiettivamente – la directory in questione. Nel mio recente ebook SEO Pratico, del resto, ho dedicato un intero paragrafetto alla procedura di acquisizione di link da DMOZ, tanto per farvi rendere conto di quanto fosse poco agevole maneggiare questo strumento: ci tengo a dirlo, resto convinto di quell’approccio. Non per altro, ma secondo me, con tutti i limiti del caso, ha fatto scuola: ha mostrato un possibile approccio alla link building tuttora valido.
Link building ispirata al modello editoriale di DMOZ
Per essere approvati su DMOZ dovevi anzitutto determinare la categoria in cui porre il tuo sito. Impresa, quest’ultima, spesso difficoltosa poiché:
- le categorie erano molto numerose;
- molte categorie non erano aggiornate o mancavano del tutto;
- la suddivisione era rigidamente gerarchica, ad esempio Italiano/Casa/Informazioni_per_i_Consumatori/Comparazione_Prezzi (chi avrebbe mai pensato di trovare siti trova-prezzi sotto la voce Casa?);
- potevano esistere più categorie accettabili;
- molti siti listati erano inaccessibili, o molto vecchi;
- DMOZ non è mai stato, cosa non da poco, user friendly.
In molti casi ho comunque pensato di generalizzare questo approccio nelle mie attività SEO, perchè DMOZ resta – nel bene o nel male – un sito “di successo” in termini di popolarità, e mi piace ricordarlo come se il modo di proporre siti a DMOZ fosse una politica generica di link building.
Provo a spiegarmi per punti.
- Se volevi usare DMOZ, dovevi capirne il complesso funzionamento. Generalizzando: se vuoi ottenere un backlink di livello, devi anzitutto capire come funziona il settore del tuo sito, calarti nel contesto ed essere pronto a descrivere cosa stai facendo. Ogni settore commerciale, nella mia esperienza, ha le proprie convenzioni o “regole”: se fai link building per un trova-prezzi, troverai quasi sempre altri webmaster disponibili a trattative o scambi di guest post, ad esempio. Se invece pensi ai siti web di un atelier (esempio critico che ho a portata di mano di recente) è spesso necessario informare i responsabili dei portali “amici”, che spesso neanche sanno dell’esistenza della SEO (e non gliene importa sempre un granché, da come ho capito).
- Estendendo il punto precedente, se vuoi fare link building devi avere la capacità di saper usare siti altrui, ammesso che ti consentano di farlo: la content submission direttamente per mano degli interessati, alla fine, resta un concetto ancora vitale nella SEO (pensiamo ad altre directory, forum, guest blog, ecc.).
- Molte categorie di DMOZ erano poco o per nulla curate, e questo si generalizza nel fatto che in molti casi le opportunità devi creartele da zero. Molte volte, del resto, è difficile fare link building perchè, nell’ambiente WEB in cui ti muovi, chi dovrebbe darti una mano è difficile da raggiungere, oppure ha un’idea distorta della SEO. Ad esempio: se chiedi un link legittimo, molti non capiscono, fanno finta di non capire o chiedono soldi per farlo. DMOZ del resto, come un’amante affascinante e inaffidabile, era adorata da certi SEO nonostante avesse politiche editoriali per forza di cose anti-SEO. Che volete farci: a volte tocca essere masochisti 🙂 !
- La principale difficoltà nel trovare backlink è spesso legata al saper sviluppare l’intuito su dove reperirli: se non sviluppiamo questa sensibilità, sarà davvero difficile procedere. Se era complicato trovare la categoria giusta per il nostro sito su un singolo sito, del resto, figuriamoci cosa possa significare fare lo stesso nel web nella sua varietà.
Mi sono calato in un contesto che a breve non esisterà più, cercando di trarne spunti utili per il futuro e pubblicando sul caro Webhouse dopo molto tempo in cui non trovavo modo e tempo per farlo (per inciso, grazie al buon Davide, che mi è capitato di risentire di recente). Spero che questa mia testimonianza possa risultarvi gradevole e utile, e lascio spazio ai commenti per domande, osservazioni e curiosità: sono abbastanza sicuro che ce ne saranno.
E prima che qualcuno lo chieda: sì, credo che DMOZ sia tranquillamente rimpiazzabile da tanti altri siti web di pari o addirittura superiore valore.