Sì, quando ci prendiamo un impegno, vogliamo essere coerenti con quello che abbiamo fatto o detto. Soprattutto se nei paraggi c’è qualche testimone che potrebbe smascherarci.
Ma come utilizzare la coerenza nella comunicazione persuasiva?
Ad esempio chiedendo a un utente di prendere piccoli impegni volontari, attivi e pubblici nella fase iniziale (se l’impegno è messo per iscritto e richiede anche un piccolo sforzo, vale doppio!).
“Si tratta, molto semplicemente, del nostro bisogno di essere (e apparire) coerenti con ciò che abbiamo già fatto. Una volta compiuta una scelta o presa una posizione, andiamo incontro a una serie di pressioni, personali e interpersonali, nello sforzo di essere coerenti con quell’impegno. Sono queste pressioni che ci inducono a risposte che giustifichino la decisione precedente.” Robert B. Cialdini, Le armi della persuasione.
Effetto priming.
Se ti faccio fare un passo alla volta, ti sarà difficile tornare indietro. Soprattutto se riesco a intrattenerti per un po’ di tempo, oppure se ti ho fatto compilare un modulo di tre pagine.
Esempio: la sensibilizzazione. Partecipi a una serata e ti ritrovi con un bollettino annuale da pagare in sostegno a una “buona causa”.
Secondo esempio: se alla fine di questo articolo ti scrivessi che la coerenza è il secondo principio della persuasione e che in un altro post trovi il primo, ci cliccheresti? Arrivato fino in fondo perché il testo ti ha incuriosito e dopo aver occupato più di 5 minuti della tua vita a leggerlo, varrebbe la pena completare il tuo percorso informativo, giusto?
Terzo esempio: dividi la richiesta. Non ti chiedo subito di compilare un questionario. Prima ti chiedo una mail, così entriamo in contatto. Poi ti propongo di darmi anche qualche altro tuo dato. Poi magari ti chiedo di entrare nel portale. Ormai mi hai già dato abbastanza elementi, vuoi davvero non accettare l’ultimo step?
Un impegno attivo.
Ebbene “qual è il principio attivo di un impegno durevole?”, scrivono Goldstein, Martin e Cialdini nel loro libro 50 segreti della scienza della persuasione.
L’impegno preso attivamente è la risposta. Semplice a dirsi, ma meno a farsi, in quanto siamo tutti propensi a tralasciare spesso quei dettagli che fanno la differenza nel processo di vendita.
Continuano gli autori nel libro
“l’impegno preso attivamente ha più potere di permanenza di quello preso passivamente. […] Con l’impegno scritto e perciò attivo, ad esempio (ndr), le persone emettono giudizi su di sé in base all’osservazione dei propri comportamenti e apprendono di più su di sé in base alle proprie azioni piuttosto che dalle non azioni.”
Scrivere, compilare, proporre prendendosi la piena responsabilità, oppure condividere pubblicamente le proprie scelte: chi vorrebbe fare una figuraccia non mantenendo gli impegni presi davanti agli altri? Anche l’orgoglio gioca la sua parte nel processo decisionale, non credi?
Ma ricorda: la scelta del tuo interlocutore dev’essere libera, guidata bene sì, ma mai imposta! Solo così l’utente/cliente si sentirà davvero responsabile delle sue azioni.
Esempio: entriamo per un momento nella nostra vita e andiamo a scovare una decisione che abbiamo preso. Si rivela sbagliata e noi perseveriamo ugualmente in quella direzione, a convincerci che, dopotutto, “quel vestito non mi sta proprio così male”.
Hai speso 100 euro per il prodotto sbagliato, ma trovare la scusa buona per non darti la colpa ti fa stare meglio. Qui la coerenza è dimostrata dalla tua iniziale scelta di comprare l’abito perché ti piaceva e dalla tua finale convinzione che ti stia bene, anche se non è così.
Il principio applicato alla vendita?
Prendiamo ancora come esempio il vestito: la commessa tanto gentile ti dice che il colore è in tinta con il tuo incarnato, ti suggerisce di provarlo, ti fa indossare anche le scarpe e la borsa abbinate. Ti ha poi convinto a fare una piccola sfilata davanti allo specchio e ti fa attendere la collega per confermare la scelta. E adesso, come rifiutare l’acquisto?
Un supporto alla coerenza? Il promemoria.
Prendiamo le newsletter: togliamo quelle che ti comunicano l’offerta, quelle che ci ricordano quanto gli autori sono fantastici, quelle che ti offrono il consiglio così tu compri il prodotto o il servizio (questione di reciprocità) e soffermiamoci su quelle che semplicemente ti ricordano l’impegno che hai preso, una promessa che hai fatto, un percorso che hai iniziato e che prima o poi, per coerenza, dovrai concludere.
Impegno e coerenza nel web marketing.
All’iscrizione a una newsletter o a un portale, a un like su Facebook, all’aggiunta di un prodotto al carrello non diamo molto peso: lo facciamo spesso e senza renderci conto che la nostra mente è guidata anche dalla parte irrazionale del nostro cervello. Siamo tutti vittime, infatti, di una coerenza che ci spinge verso la meta senza tornare indietro.
Esempio: analizziamo un banalissimo comportamento su Facebook in tre fasi. Un utente che abbiamo tra gli amici ma che conosciamo poco ci invita a mettere un like: è molto probabile che ne rimarremmo indifferenti. Ci invita un amico, vero, e già prendiamo in considerazione la richiesta. La probabilità di accettare diventa altissima se la richiesta è accompagnata da un messaggio personale che ti invita a farlo perché non ce ne pentiremmo.
E se volessimo contrastare la coerenza in nome del cambiamento?
Un modo per contrastare la coerenza esiste.
Perché farlo? Per smuovere un’attività impantanata nelle logiche del passato, ad esempio.
Mi è capitato di lavorare per un grande imprenditore (vecchia maniera) che, quando gli ho parlato di web marketing, mi disse “no, meglio l’invito con la scritta dorata”.
Adoro la carta, non la eliminerei per nulla al mondo, ma i tempi sono cambiati e per fare pubblicità c’è ben altro.
Come fare per avvalorare la tua proposta con chi proprio non ne vuole sapere?
- Digli che condividi la sua idea.
- Specifica che a suo tempo era corretta.
- Modificala con cautela adattandola al nostro tempo.
- Esprimi la tua idea senza mai negare la sua.
Sei o hai:il verbo che fa la differenza.
“Hai partecipato il 15 novembre alla nostra conferenza, ora vogliamo sapere la tua opinione: compila il questionario!”
“Sei stato parte con noi di una grande esperienza, un evento per cui abbiamo lavorato sodo e che vogliamo migliorare per le prossime occasioni anche grazie a te. Per questo la tua opinione è importante: compila il questionario!”
Quale dei due questionari compileresti più volentieri?
Come gli altri, anche il principio della coerenza ha bisogno di un aggancio e questo può essere un esempio. “Hai” è più distaccato, “sei” è più coinvolgente.
N.B. Attenzione, nel bel mezzo del processo di vendita vale il contrario! Con il verbo essere etichetti il tuo potenziale cliente, che per cambiare deve modificare sé stesso, le sue abitudini o il suo stile. Il verbo avere, invece, dà all’utente la sensazione di avere qualcosa che può togliersi.
“Sei in sovrappeso e vuoi dimagrire?”
“Hai qualche chilo in più che vuoi perdere?”
Ci siamo.
Tu guarda cosa la parte irrazionale del cervello può farci fare!
E non è finita.
Continuerò a parlarti di persuasione nei prossimi articoli.
Ah, ora che conosci il secondo principio, quello della coerenza, devi assolutamente leggere il primo, sulla reciprocità!