Da parecchio, ormai, si parlava dell’introduzione dei contenuti sponsorizzati su Instagram. Ora ci siamo, sono arrivati e, va detto, anche piuttosto mal accolti dai tanti utilizzatori dell’app.
Per le aziende, per ora soprattutto grandi brand come McDonald, i post sponsorizzati su Instagram hanno da subito rappresentato un’opportunità, che forse, però, non sta dando i risultati sperati.
Fare business su Instagram è possibile, lo era prima che vi arrivasse la pubblicità, e lo è anche ora, ma forse buttarsi a capofitto nell’utilizzazione del nuovo strumento è stato poco prudente.
I fan di Instagram, perché di questo spesso si tratta e non solo di semplici utenti, sembrano poco propensi ad accettare la pubblicità, anche se, a dire il vero, questa c’è sempre stata, i post sponsorizzati sono indicati come tali e si possono anche nascondere. Prima il tutto era molto più complesso.
Si sa, però, che in molti casi la gente ragiona più con la pancia che con il cervello, ecco perché tra i commenti ai post sponsorizzati troviamo molta ironia e anche parecchi insulti, che certo non fanno bene ai brand presi di mira.
Come è possibile, quindi, fare business con Instagram senza incorrere nelle ire dei suoi utilizzatori? Almeno per il momento, forse è meglio evitare i contenuti sponsorizzati e procedere alla vecchia maniera.
Da anni su Instagram ci sono brand, come Nike, che fanno un ottimo lavoro con i post normali, ottenendo apprezzamenti e commenti entusiasti.
Ci sono anche realtà molto più piccole che comunque si muovono bene. Non esiste una ricetta per il successo, ma ci sono, però, alcuni ingredienti sempre molto apprezzati.
Per prima cosa bisogna essere onesti. Se un brand pubblica foto dei suoi prodotti, non c’è nulla di strano. Se a pubblicarle è un account non direttamente collegato all’azienda il rischio di prendersi qualche insulto è concreto.
Altro elemento fondamentale, per fare business sfruttando Instagram e le sue enormi potenzialità, sono le storie. Su Instagram si devono raccontare delle storie, sfruttando la forza delle immagini.
Nike, ad esempio, non usa Instagram come una sorta di catalogo di scarpe, ma pubblica foto di atleti che utilizzano i suoi prodotti, che spesso nell’immagine neppure si vedono, o si vedono marginalmente. Lavorare in questo modo può portare ottimi risultati.
Su Instagram c’è poi anche chi vende direttamente beni e servizi, chi cerca e offre lavoro, e molto altro. L’unico limite è la fantasia, anche se sarebbe più giusto fare riferimento ai terms of service.
Chi non conosce bene Instagram spesso lo snobba, almeno sul piano del marketing, per alcune limitazioni, che in realtà l’utente medio non vede come tali. Il fatto che, ad esempio non si possano (almeno ad oggi) inserire link nelle descrizioni delle foto o nei commenti, a molti marketer non piace, così come alle aziende non convinceva l’assenza di post sponsorizzati. Ora quest’ultimi ci sono, ma l’utenza pare odiarli.
Per usare Instagram come un efficace strumento di business bisogna conoscerlo. Bisogna capire che nonostante le criticità, come lo spam e gli utenti fantasma, la vera forza di questo strumento sono le persone e le relazioni che si creano tra loro.
Delle foto possono oltrepassare i confini linguistici e permetterci di raggiungere persone lontane, non solo geograficamente. Su Instagram le interazioni, a parità di follower, sono spesso molte di più rispetto agli altri social. Queste interazioni vanno coltivate e fatte crescere: per farlo bisogna avviare un dialogo onesto e paritario con chi segue il nostro profilo personale o aziendale.
Non esistono formule magiche che prevedano orario del post, soggetto, numero di hastag, ecc. Dobbiamo comunicare i valori del brand che vogliamo promuovere e aprirsi al dialogo con l’utenza. Sembra facile, ma il comportamento di molte aziende su questo e altri social fa capire che non lo è per nulla.
E tu cosa ne pensi? Scrivici suggerimenti e opinioni nei commenti!