La notizia è online da qualche giorno ma le discussioni non si placano: l’Authorship ha salutato definitivamente il web, e tutte le modifiche che abbiamo fatto ai nostri blog per far uscire il nome dell’autore nella serp sono diventate inutili.
In passato c’era anche l’immagine, ricordi? Google chiedeva a tutti gli autori di contenuti di verificare l’Authorship attraverso una babele di link si inseguivano tra blog e profilo Google Plus. Tutto questo dare a Mountain View le notizie necessarie per verificare un elemento chiave: la firma dell’autore.
L’Authorship serviva principalmente a questo, serviva a dare un volto e un nome ai contenuti. E noi blogger eravamo convinti di poter sfruttare al massimo questa nuova caratteristica di Google. Il ragionamento era semplice:
Io produco contenuti di qualità sul mio blog, ma pubblico anche altri contenuti su blog diversi dal mio. Quindi attivo l’Authorship su queste fonti in questo modo Google riconosce in me una fonte di qualità dedicata a un unico argomento.
Eravamo così convinti di questa soluzione che pensavamo già a una nuova forma di guest blogging: io scrivo per te ma non voglio link, preferisco l’Authorship. In questo modo mi faccio conoscere dai lettori, spingo il mio canale G+, le persone mi aggiungono e trovano i contenuti che condivido sulla bacheca.
Non fa una piega 🙂
La doccia fredda: niente immagini
Google decide di eliminare le foto dall’Authorship. In pratica i risultati nella serp perdono l’immagine dell’autore, ma mantengono il nome e cognome. Peccato, vedere il proprio volto nella serp dava una certa soddisfazione al nostro ego… Poco male, resta il riconoscimento dell’autore.
C’è da dire che l’immagine del profilo Google Plus viene comunque mostrata per i risultati richiamati dalla piattaforma G+. Se, ad esempio, cerco la parola “copywriting” su Google (ovviamente da loggato) nella prima pagina appare il risultato di Pennamontata. Una pagina che ho inserito nelle mie cerchie.
Ok, il concetto è semplice. Via le immagini dai blog autenticati e lasciamo solo i nomi. Poi il passo definitivo: Google chiude il programma Authorship. Non c’è più il nome e il cognome dell’autore vicino ai risultati della serp, non c’è più nulla che ricordi i tempi della verifica.
Hai puntato molto su questa soluzione di Google, e ora che tutto è rientrato cosa fai? Ti lascia andare? Piombi nella disperazione? E soprattutto…
Cosa cambia per il blogger?
Dal mio punto di vista i cambiamenti sono paria zero. Il concetto che si portava avanti con l’Authorship: l’autore al centro del web. Io scrivo, verifico, mi propongo con il profilo Google+.
Ma ora che questo collegamento è stato spezzato non si ritorna all’anonimato. In primo luogo perché gli utenti (i lettori, i proprietari dei blog, le aziende) stanno capendo il valore del nome e cognome in un articolo. Quando segui un blog, soprattutto un progetto multi autore come Webhouse, vuoi sapere chi si trova dietro alle parole, vuoi conoscere l’autore e verificarne le competenze.
Pubblicare nell’anonimato vuol dire assestare un colpo all’autorevolezza del blog. Chi pubblica con il nome “La redazione” sta facendo un passo indietro nel tempo, e non vuol accettare l’importanza di un blogger riconoscibile con nome e cognome che può portare prestigio, lustro, contatti.
Questione di autorevolezza
Prima pubblicavi contenuti di qualità con il tuo nome in evidenza collegato al profilo Google Plus, ora pubblichi contenuti di qualità con il tuo nome in evidenza. Credi che l’autorevolezza non passi comunque da questo percorso? Credi che il personal branding basato sui contenuti firmati non sia egualmente significativo per il tuo progetto?
Google smetterà di processare i dati legati all’Authorship, ma questo non significa perdere fiducia nella centralità dell’autore e nel collegamento tra autore e profilo Google Plus.
Inserire i link delle tue collaborazioni come publisher sezione informazioni del tuo profilo G+ vuol dire avere una lista di collegamenti ipertestuali da proporre come curriculum. Credi che sia inutile verificare l’Authorship e quindi non inserisci più i link nella sezione autore: in questo modo, però, stai rinunciando alla visibilità che puoi avere agli occhi di chi cerca informazioni sulle tue capacità di blogger.
Ultimo concetto: Author Rank
Pensare che l’individuo – meglio, il blogger – non sia più al centro del processo relativo alla creazione dei contenuti, secondo me, è sbagliato. Anche perché da un lato c’è l’Authorship che è stato archiviato, ma dall’altro c’è l’Author Rank che punta ancora sull’autore. Un Author Rank che dovrebbe puntare sull’autore dato che non esiste ufficialmente: è un concetto plasmato dalla community SEO partendo dalle parole di Eric Schmidt.
Within search results, information tied to verified online profiles will be ranked higher than content without such verification, which will result in most users naturally clicking on the top (verified) results.
Quindi esiste o non esiste l’Author Rank? Valerio Notarfrancesco non usa mezze parole: no, non esiste. Ma a te blogger, a te creatore di contenuti, tutto questo non interessa. Hai bisogno di un nuovo algoritmo per creare contenuti di qualità con nome e cognome? Hai bisogno di un nuovo fattore di ranking o di una nuova foto nella serp per firmare con orgoglio i tuoi post?
Io no.
Io continuo a fare il mio lavoro. Continuo a pubblicare i miei contenuti ben confezionati. Tanto Mountain View dovrebbe essere in grado di associare un autore al contenuto anche senza il rel=author (per approfondire c’è questo video di Giorgiotave).
E tu vuoi aspettare l’Author Rank per mettere in primo piano l’autore?