Marketing conversazionale: people have the power

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Pubblicato il 10 Gennaio 2014

Nel post sulla digital PR ho fatto una panoramica e ho parlato anche di marketing conversazionale.
Vediamo un po’ da vicino di cosa si tratta.

Secondo Wikipedia:

Il marketing conversazionale è la branca del marketing che si occupa di monitorare, gestire e incrementare la presenza di un’azienda sui social media e sui nuovi strumenti del real-time web.
Il termine viene usato per indicare la gestione della comunicazione integrata su tutte le diverse piattaforme di condivisione che il fenomeno web 2.0 mette a disposizione: wiki, social networking, content sharing, microblogging, etc.

Una definizione molto abbozzata, perché il marketing conversazionale, secondo me, è molto di più, in quanto concetto molto più complesso con molte sfumature.

Il mkt conversazionale si occupa in primo luogo di:

  • monitorare la presenza di conversazioni su un preciso argomento (brand o settore di appartenenza)
  • ottimizzare la presenza di un brand sui canali social: gestendo i profili social ufficiali, simolando la produzione di contenuti creativi (attraverso contest, per esempio), stimolando l’engagement su blog, social, forum trasformando così il fan in portavoce del brand (ambassador)
  • gestire i momenti di crisi

Ci sono alcune frasi che da qualche anno a questa parte vengono ripetute a tutti i convegni di social media marketing et similia e che prima o poi tutti twittano:

“I mercati sono conversazioni”

“Le persone parlano di te e del tuo brand. E tu stai ascoltando?”.

Cosa puoi fare per prima cosa?

#ascolto
Come, dicevo quando si parlava in generale di digital PR, il primo passo è l’ascolto.
Infatti, prima di partecipare, intervenire, confrontarsi, è opportuno ascoltare. A questo proposito consiglio la lettura di un libro, a mio parere fondamentale per chi voglia avvicinarsi a questo tipo di marketing: sto parlando del testo di Shephen D. Rappaport, Listen First!
Solo dopo aver ascoltato la rete, sarà possibile pianificare e attuare la migliore strategia di “marketing conversazionale”.

Senza dubbio, uno dei migliori investimenti che si possono fare è quello di impiegare il tempo per costruire delle relazioni ad alto valore aggiunto con le persone interne ed esterne all’azienda.
Una cosa che mai, mai e poi mai va dimenticata è il fatto che stiamo parlando e avendo a che fare con persone, non con macchine o creature senza volto. Chi parla del nostro brand o del nostro prodotto ha una personalità, ha un lavoro (nel migliore dei casi), ha delle passioni e ha degli interessi. E ha una sensibilità, non scordiamocelo, che può essere urtata (molto facilmente!).

L’obiettivo del marketing conversazionale è trovare un argomento comune, delle passioni da condividere e di cui parlare. Il brand ora ha il compito di trovare argomenti con cui attaccare bottone, con cui conquistarsi la fiducia e con cui costruire in rete la propria reputazione.

#reputazione
La reputazione si crea attraverso:

  • esperienza personale
  • esperienza mediata
  • analisi e comparazione storica

Gestire i processi reputazionali – creando e difendendo la propria reputazione online – vuol dire passare da un tipo di mkt tradizionale ad uno relazionale, fondato su relazioni reali.

Uno dei modi più semplici di fare marketing conversazionale è creando una relazione tra il consumatore e il prodotto: lo si fa costruendo un mood comune basato su valori condivisi.

Al centro dell’attenzione non si deve porre più il brand (come accadeva nel marketing tradizionale), ma le persone stesse e quello che hanno da dire.
L’ascolto e la soddisfazione dei desideri (vuoi sapere di più sulla piramide di Marslow?) e la partecipazione e la creazione di bisogni indotti rappresentano i due poli di una dicotomia che ha la sua più alta espressione nella conversazione.

Il web 2.0 – che oggi è più che mai sociale e partecipativo – ha scardinato completamente le linee del marketing tradizionale, portando ad un nuovo modo di concepire (di sentire, direi piuttosto) il marketing.

Proprio alla luce di queste considerazioni, è più che necessario costruirsi  un’identità digitale unica e differenziata che sia però dinamica, cioè versatile. Questa identità potrà concretizzarsi attraverso il sito web, il blog, i canali social o sotto forma di community.

A questo proposito, De Felice nel suo libro (altro libro che consiglio) dice che la community è oggi la piazza virtuale dove si realizzerà l’acquisto: per questo motivo è indispensabile che il brand crei una propria identità digitale in grado di legittimare gli interventi sugli altri ambienti sociali.

Oggi, grazie al potere editoriale diffuso, sono le persone ad avere il controllo sulla reputazione e sulla percezione che i clienti/persone hanno dell’azienda e dei suoi prodotti.

Per raggiungere il vero successo, dunque, le imprese devono prima di tutto essere disposte a cambiare la loro forma mentis: devono cioè saper fare un cambio culturale per approcciarsi al web 2.0 e adottare nelle relazioni che si apprestano a creare con le persone alcuni accorgimenti di base. E cioè:

  • osservare/monitorare come ci vedono gli altri
  • ascoltare ciò che ci dicono (inclusi i “bisbigli”)
  • interagire a partire dalle conversazioni in atto
  • costruire insieme agli altri la partecipazione.

A proposito di quest’ultimo punto: nell’era dei Web 2.0 è più difficilmente individuabile un confine netto tra chi produce e chi li ne fruisce. 
Ciò vuol dire che la tradizionale gerarchia è scardinata e la progressiva evoluzione del mercato da un approccio impositivo, che era incentrato sul prodotto, a uno adattivofocalizzato invece sul cliente, ha fatto in modo che le nuove leve del marketing mix da considerare siano di tipo C(liente). Che io preferisco chiamare persone.

L’attenzione del brand nel marketing conversazionale è quindi incentrato sul cliente. Da qui il principio delle 4C:

  • Customer Value: il valore del prodotto riconosciuto dal consumatore
  • Customer Cost: i costi sostenuti dal consumatore per l’acquisto del prodotto
  • Customer Conveniente: comodità e facilità di acquisto del prodotto
  • Customer Communication: comunicazione, in luogo della promozione.

Sul web 2.0 non è più la transazione il cuore della relazione col cliente: quello che invece nutre la continua interazione è il contenuto informativo e relazionale legato al prodotto. Il valore aggiunto.

Ma come?
Il modo più semplice consiste nel “regalare” contenuti che siano di una qualche utilità per le persone che potrebbero essere potenziali clienti per dare vita a conversazioni e relazioni di lunga durata.

Dunque, che aspetti?
Sei pronto a farti una bella chiacchierata con le persone che ruotano attorno al tuo brand?

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