Lo sviluppo del mercato on line, in Italia, è in continua crescita. Non sono io a dirlo, ma il recente dato statistico diffuso durante lo Smau Bologna nel Giugno 2013, che rilevava infatti un dato di proiezione del +17% rispetto all’anno precedente, per un valore di 11.242 miliardi €. (sul blog di Riccardo Pierini è disponibile un riassunto dei dati)
Numeri di tutto rispetto, che dovrebbero invogliare le aziende a sfruttare al meglio le vendite on line.
Ed ecco le mie personali 10 regole per un e-commerce di successo
Quelle che seguono sono gli argomenti di cui parlo solitamente quando qui in agenzia arrivano i clienti ed il loro entourage, clienti che hanno deciso di addentrarsi nello sviluppo di un progetto e-commerce (quindi con un’analisi del mercato già fatta e un business plan almeno definito). Per comodità le ho fatte diventare 10 regole, ma avrò sicuramente dimenticato qualche aspetto e magari qualche lettore di Webhouseit vorrà portare il suo contributo nei commenti.
Regola n°1: gli ecommerce non vivono di link building
La maggior parte dei SEO che sono sul campo da qualche anno, hanno vissuto con l’incubo dei backlink. Mi ricordo ancora quando a fine giornata contavo i backlink generati per considerare proficua o meno la giornata. Ma la link building, ho scoperto nel tempo, vale meno per i siti e-commerce: perchè è difficile dal punto di vista della comunicazione fare link baiting o generli spontanee (a meno di strategie marketing virali o ad hoc).
Chiariamolo: il peso specifico dei link è solo una minima parte rispetto ad altre attività che permettono ad un e-commerce di funzionare ed essere visibile. Il posizionamento pur rimanendo importante – of course – dobbiamo considerarlo come una parte di un sistema. Si può essere primi per un determinato prodotto e vendere la metà del competitors che si trova sotto di noi.
Regola n°2: Content is the King anche negli ecommerce
Questa è la regola in cui più spesso vedo la disperazione nei clienti, ovvero: scrivete voi tutti i contenuti dei vostri prodotti. Sembrerà banale, ma non lo è perchè la maggior parte degli e-commerce vendono prodotti uguali ad altri cento e-commerce (di solito usano un feed o comunque dati che i produttori stessi rilasciano), con l’esito che le descrizioni dei prodotti sono identiche. Cosa succede in questi casi? Che usare gli stessi contenuti provoca contenuti duplicati, scarsa qualità del contenuto, scarsa visibilità del prodotto on line se non si è l’Amazon di turno. Ora, visto che risparmiamo tempo per cercare i backlink, occupiamoci di scrivere contenuti originali per i prodotti che vendiamo.
Regola n°3: vendere una villa in Costa Smeralda non è la stessa cosa che vendere un monolocale a Carpi
Uno dei problemi più frequenti che riscontro negli e-commerce già sviluppati o in fase di realizzazione avanzata è la inadeguata presentazione dei prodotti (nel peggiore dei casi l’ordine è prettamente temporale, l’ultimo inserito è quello più in vista) e l’impossibilità di gestire gli spazi. Un e-commerce deve vendere certo, ma non qualsiasi cosa indistintamente; bisogna capire che i prodotti “migliori” devono essere sempre ben visibili sin dalla home. Il parametro “migliori” è ovviamente una questione commerciale, ad esempio considerando dove c’è maggior profitto, maggiore disponibilità, incremento della richiesta, ecc. C’era un e-commerce di un cliente che durante il periodo natalizio del 2010, vendeva dei meravigliosi maglioni di cashmere e aveva un forte margine di guadagno e puntava a una forte vendita natalizia del prodotto. Il problema? Erano praticamente irraggiungibili agl’occhi dei visitatori.
Un e-commerce deve poter presentare subito i prodotti commercialmente strategici ogni qualvolta ci sia la necessità. (campagne estive, campagne invernali, improvvisi trends di mercato, più profittevoli commercialmente, ecc. ecc.)
Regola n°4: Prodotti di punta e non
Ora tornando per un attimo alla SEO e facendo un mashup con la regola n°3, ecco un’altro aspetto che spesso non viene considerato: non nascondere mai i prodotti di punta. Per prodotti di punta intendo quei prodotti che hanno a prescindere dai trends e dalle stagionalità, un valore commerciale sensibile. Questi prodotti non devono mai superare la seconda pagina di navigazione. Perche? Perchè le prime pagine dopo l’home page sono quelle che maggiormente vengono visitate dagli spider dei motori di ricerca. E proprio in relazione agli spider, un tracciamento dei log del server (Google Analytics solamente non basta) è fondamentale per scoprire se tutti i prodotti vengono visitati dagli spider e se questo non avviene, correggere le cause che non lo permettono. Sembrerà banale ma è utile ricordare che non si devono nascondere mai i prodotti dove si guadagna di più o che sono commercialmente più importanti.
Regola n°5: chi l’ha detto che gli Split Test si fanno solo sulle Landing Page?
Altro motivo di scontro che spesso si ha nella fase di analisi e proposta web marketing, è spiegare al cliente, o chi ha realizzato l’e-commerce, che il sistema deve poter generare n° varabili di layout delle pagine (almeno da quella di prodotto fino a tutto il processo di acquisto) per effettuare Split Test sul processo d’acquisto.
Immagino che i lettori di Webhouseit conoscano perfettamente le Landing Page, ma se qualcuno capita qui per la prima volta, è bene riassumere velocemente cosa sono: sostanzialmente sono varianti di una stessa pagina con differenze su alcune parti fondamentali (come il nome della Call to action, il colore dei button, il tono usato, le parole usate, ecc.), tramite uno script si smistano i visitatori 50 e 50. La versione che genera un passaggio alla fase successiva maggiore, a parita di visitatori, è quella che con buona certezza è più efficace e persuasiva.
Questo processo è solitamente applicato alle Landing Page, ma chi lo ha detto che non è valido anche per le fasi di acquisto di un prodotto in un-ecommerce?
E’ importante quindi teestare e testare ancora il processo di acquisto con l’uso di Split Test. (E possibile scaricare una guida realizzata da Unbounce sugli Split Test)
Regola n°6: Un e-commerce è come un supermercato
Avete mai fatto caso alla disposizione dei prodotti nei supermercati? Quasi sempre all’altezza dello sguardo ci sono i prodotti più costosi o che si ha un motivo commerciale per venderne di più. (Regola n°3) Non solo, più vi avvicinate alle casse ed ecco che appaiono i prodotti che costano di meno (di solito le gomme, caramelle, ecc. ecc.) sono li perchè la percezione del loro prezzo è praticamente nulla rispetto al carrello tendenzialmente pieno e quindi aumentare di qualche euro la spesa, viene percepito dall’utente quasi come ininfluente sulla spesa complessiva.
Allo stesso modo dobbiamo pensare ad un e-commerce, durante il processo di acquisto (dalla scelta del prodotto al suo pagamento) dobbiamo mostrare prodotti correlati, ma dal prezzo decisamente più basso e possibilmente in relazione ai prodotti acquistati: questo incrementa la possibilità che vengano acquistati anche loro, aumentando quindi il valore dello scontrino medio per cliente.
Regola n°7: misurare le performance può far diventare illimitato il budget
Nella regola precedente ho scritto dello scontrino medio, ovvero del valore di spesa medio che un cliente effettua sul vostro e-commerce. Spesso questi numeri non sono presi in considerazione seriamente da chi vuole approdare al web con un e-commerce. Esistono dei semplici calcoli che devono essere fatti capire il dafarsi sotto tutti gli aspetti.
Prima di tutto dobbiamo capire cosa sono il CPA, CPC e CR.
- CPA è il budget a disposizione per l’acquisizione di un nuovo cliente,
- CPC è il costo medio di acquisizione di un visitatore,
- CR è il tasso di conversione per rispettare il CPA massimo a disposizione.
Ora dobbiamo calcolare il valore di un nuovo cliente e per farlo dovremo prendere per buoni alcuni dati statistici e altri specifici dell’e-commerce. Innanzi tutto dobbiamo prendere il ricavo medio per prodotto che ipotizziamo sia di 200€, successivamente dovremo moltiplicarlo per il numero di acquisti medi di un cliente (statisticamente possiamo parlare di 1,5, ma dipende da molti fattori, come la fidelizzazione che incrementa il valore o l’esperienza negativa che lo riduce). Moltiplichiamo poi nuovamente per l’effetto “testimonial” o “sponsor” che consideriamo sempre statisticamente pari a 2 (ma anche in questo caso il valore può crescere in base ad altri fattori, come l’uso dei Social ad esempio). Tornando ai numeri, se il ricavo medio era di 200€ alla fine dei nostri conteggi scopriamo che il valore di ogni nuovo utente è 200 x 1,5 x 2 = 600€
Sulla base di valore di 600€ di ogni nuovo cliente, come facciamo a calcolare il budget a disposizione per ogni nuovo acquirente? Facile, prendiamo il valore del nuovo cliente, pari a 600€ e sottraiamo le spese dei servizi e processi, supponiamo quindi 300€ (per i costi di produzione e struttura), sottraiamo anche il nostro margine, supponiamo di 250€. Abbiamo quindi un costo massimo di acquisizione di 50€.
Ora che sappiamo il costo massimo di acquisizione, dobbiamo andare a vedere che tipo di CR è necessario per poter affermare che l’e-commerce sta funzionando veramente.
Con Google Keywords Planner ad esempio, dobbiamo rilevare che tipo di CPC ha il nostro set di parole chiave e supponiamo che la media sia di 0,40€
A questo punto, sapremo che il CR minimo per sostenere l’intero e-commerce in positivo è dato da: CPC Medio/CPA Massimo x 100.
Usando i numeri ricavati dall’esempio riportato, abbiamo 0,4 / 50 x 100 = 0,8€.
Quindi il CR minimo deve essere dello 0,8%. Raggiunto questo CR, sulla base dei dati di esempio sopra riportati, in pratica il budget diventa infinito. (l’esempio riportato è farina del sacco di Claudio Vaccaro , le immagini sono state prese dalla sua relazione al WebReevolution di Roma)
Regola n°8: Avevo detto che Google Analytics non basta? Beh però è figo
E’ vero, Google Analytics è davvero un ottimo prodotto di monitoraggio ed è anche gratuito. Ma a volte, specialmente negli e-commerce, non basta: il motivo è molte semplice, non traccia nativamente gli spider dei motori di ricerca. A cosa serve scoprire gli spider? Come già indicato nella Regola 4, scoprire se un prodotto è stato scansionato dagli spider o meno è fondamentale. Ma torniamo a Google Analytics, per gli E-commerce.
Monitorare le performance del proprio e-commerce in relazione alle attività web marketing, può incrementare le vendite, ovvio no? Se un annuncio o un set di parole chiavi generano un alto tasso di conversioni, vuol dire che potenzialmente possiamo incrementare le attività PPC per incrementare le perfomance. (a proposito di Adwords, consiglio di seguire questa blogger scoperta pochi giorni fa e che trovo geniale per il suo modo di “raccontare Adwords“: Wonder Ross ).
(altri link utili: Conversioni Google Adwords – http://support.google.com/adwords/topic/1713967?hl=it e Tracking E-commerce di Google Analytics – http://support.google.com/analytics/bin/answer.py?hl=it&answer=1009612.)
Con Google Analytics possiamo creare dei Report Personalizzati che possono restituire i dati necessari per un monitoraggio più dettagliato delle performance di un e-commerce. Arturo Salerno, forse più conosciuto nel settore del Web Marketing Turistico, ha pubblicato diverso tempo fa alcuni report personalizzati che possiamo importare nel nostri account Google Analytics, i quali basta attivarli e fanno da subito il loro sporco lavoro.
Nei report proposti, possiamo scoprire:
- qual’è il revenue generato dai canali di promozione suddiviso per sorgenti di traffico;
- quali
sonoerano le keywords (parole chiave) che generano maggiori entrate; - quali sono le fonti esterne che con un link al mio sito generano più entrate;
- quanto mi rendono le mie campagne di keywords advertising;
- quali sono le nazioni che acquistano di più il mio servizio online;
- quali sono i miei prodotti più venduti online;
- quali sono i giorni e le ore che mi generano più vendite online;
- quali sono i browser e i dispositivi mobile usati per completare una transazione;
Regola n°9: Mobile, mobile e mobile
Ho già detto Mobile? Bene, dai dati che ho in mio possesso sul monitoraggio dei clienti che seguo, le visite provenienti da dispositivi mobile è ad oggi mediamente del 35%. Questo significa che quasi 4 visitatori su 10 stanno visitando un sito e-commerce con un dispositivo mobile, e quindi quasi4 potenziali clienti su 10, possono essere cacciati via se non gli offriamo un’esperienza di navigazione soddisfacente.
Secondo Avinash Kaushik, Google Evangelist, i siti oggi devono essere prima pensati per il mobile e poi riportati per i dispositivi desktop, ed io – con referenza, devotamente e rispettosamente – concordo. Un sito mobile ovviamente deve essere pensato per un’esperienza di navigazione e di acquisto che è diversa da chi è seduto davanti ad un Pc Desktop, con davanti un mouse, una tastiera e un monitor da 32″ (si, ce l’ho da 32″ ma perchè l’ho rubato al grafico.).
Regola n°10: Se pubblichi l’url del prodotto su Facebook, non stai facendo Social Media Marketing
Capita molto spesso di trovare Fan Page degli e-commerce piene zeppe di link sulla pagina dei prodotti, capita ancora più spesso di non trovare i bottoni sociali sul sito dell’e-commerce se non in maniera approssimata. No, così non possiamo dire che va bene o che si stiano usando i Social profittevolmente.
Prima di tutto i social sono relazioni, la prima enunciazione del Cluetrain Manifesto dice: “I Mercati sono conversazioni” e allora non basta pubblicare solamente il link del prodotto su Facebook o Twitter, ma impariamo a usare per bene i social anche per gli e-commerce.
Ora dirò una parolaccia ma non scandalizzatevi: “Riprova Sociale“. Questo termine, coniato dal Prof. Robert Cialdini, significa che le persone tendono a ritenere valide le scelte che vengono effettuate da un elevato numero di persone, ora capite che valore hanno i numeri dei “Mi Piace” o “Tweet” che vengono mostrati? Facciamo un esempio pratico, volete acquistare un libro sul Marketing, acquisterete quello con 300 like o quello con 2 like?
Ora direte, si ma come faccio a far fare tanti Like ad un mio prodotto dell’e-commerce? Anche in questo caso ci viene in aiuto la psicologia e gli studi sociali, infatti è stato dimostrato che mostrare il like sul prodotto al termine del processo di acquisto, incrementa il numero dei Like. Il motivo è abbastanza evidente, sui Social tendiamo a mostrare agl’altri quello che facciamo. In questa regola non posso, per questioni di tempo e tematica, affrontare la gestione delle attività Social Media Marketing o di Comunity Manager, magari chi è più bravo di me scriverà un articolo in futuro.
Grazie.