Qual è lo scopo della SEO? Possiamo vederla sotto diversi aspetti:
- indicizzazione dei contenuti di un sito;
- raggiungimento della “prima posizione” (o delle prime posizioni) per un certo numero di ricerche;
- incremento della popolarità del portale;
- operazioni di marketing pianificato (offerte, coupon ecc.)
- generico miglioramento dell’ “appetibilità” del sito per gli utenti.
La maggioranza di noi lega la SEO al numero e alla qualità di link che un sito possiede, ma le cose sono in un certo senso “completamente diverse”: sfruttando una metafora secondo me efficace, un sito è come una persona in una comunità. In effetti è caratterizzato da un aspetto presentativo (il suo CV), da uno legato alla popolarità (amici, frequentazioni, contatti) e da uno, ulteriore, legato a ciò che effettivamente è o sa fare (i contenuti). Possono esistere persone virtuose che non godono della visibilità che meriterebbero, così come altre solo simpatiche sono in grado di conquistare le masse facendo leva sulla “pancia”: il bilanciamento dei tre fattori reputazione, link e contenuti costituisce dal punto di vista SEO un sito/persona di qualità. Sfruttando un mix di intelligenza tattica e buonsenso un SEO analizza come funzionano i motori di ricerca, studia cosa cercano le persone e cerca di comprendere perché alcuni siti siano meglio posizionati di altri.
Questo implica presupporre che non tutti i siti/persone sono uguali: per alcuni è opportuno lavorare esclusivamente sull’immagine, per altri sui contenuti, sulle referenze (link) o altro ancora. Di fatto non sempre è necessario insistere sull’aspetto “essere primi sui motori per la chiave di ricerca X”: in molti casi, ad esempio, ad un e-commerce interessa massimizzare le conversioni, e questo è piuttosto differente da altri obiettivi come comparire su Google in prima pagina o incrementare le visite al sito.
Il lavoro di un SEO è utile se il sito non compare per nessuna delle ricerche di interesse, se ciò avviene in una pagina dei risultati successiva alla seconda (con tutte le riserve del caso), se si desidera migliorare i rank attuali oppure se, non ultimo, il sito è improvvisamente scomparso dai risultati di ricerca. Sulla carta Google valorizza le pagine migliori nei propri risultati, andando a considerare la pertinenza delle ancore in ingresso al sito e, solo dopo aver valutato questo aspetto, conteggiando i link in ingresso alle stesse (più sono, meglio è). A tal proposito bisogna ricordare che le ancore non sono altro che il testo associato ad un link cliccabile, possibilmente (ma non esclusivamente) di natura prettamente descrittiva: di fatto un link viene concesso ad un sito in casi come quelli seguenti.
- “indice di popolarità”, ovvero linko un sito che presenta ad esempio risorse gratuite per il mio blog;
- “relazione tra due siti”, una prassi consolidata per le pagine di partnership o per citare l’autore del tema di un sito;
- “interesse” più o meno pronunciato per le tematiche del sito;
- “omaggio” ad un blog esterno che si stima o si legge con interesse (blogroll);
- link di natura casuale (sembra strano ma sono casi molto numerosi);
- tentativo, spesso involontario, di un webmaster di danneggiarci, specie se le ancore coincidono forzatamente ed in maniera molto numerosa con una chiave di ricerca molto nota (nota: ho rilevato casi di webspam di circa 400 casi del genere su una singola chiave, contestualizzati all’interno di articoli poco utili o provenienti dal footer di altri portali).
In ambito SEO è importante tenere conto della differenza tra indicizzazione e posizionamento: a volte ho l’impressione che alcuni confondano deliberatamente i due aspetti, senza tenere conto di una realtà fondamentale. In effetti bisogna tenere conto che “indicizzare” un sito significa che la pagina in questione sia presente o meno all’interno di Google, e questo si verifica al volo con l’operatore site:. Posizionare un sito, invece, implica anzitutto che quella pagina sia indicizzata e solo dopo, chiaramente, potremo procedere a provare a posizionarla su Google. Altro aspetto da chiarire da subito riguarda le penalizzazioni: molto semplicemente, una pagina poco pertinente o mal concepita può essere penalizzata e scomparire dai risultati di ricerca. Non sempre ci verranno notificate via email, anzi in molti casi dovremo renderci conto da soli se siano presenti o meno. In generale possono essere di natura algoritmica (e non per forza i soliti Panda e Penguin annunciati in pompa magna, per inciso) oppure frutto della decisione dei quality rater (manuali, di solito sono relativamente più facili da rimuovere).
In genere i clienti possono possedere tre tipologie di difficoltà coi propri siti:
- problema di indicizzazione: in questo caso è sufficente aggiungere link adeguati, come spiegato nell’articolo di Benedetto “Come indicizzare un sito“;
- problema di posizionamento: dovremo aggiungere referenze adeguate, migliorare i contenuti e sistemare un po’ quello che già esiste a livello di linking interno ed esterno
- penalizzazione: in questa circostanza ci toccherà mettere mano al WMT per rimuovere i link pericolosi, oltre che operare nella direzione dei due punti precedenti.
Problemi tipici che ho riscontrato sui siti a cui ho lavorato in questi anni sono i seguenti, in ordine di importanza per la SEO:
- scopo del sito incomprensibile, ad es. blog costruiti esclusivamente come “contenitori di banner“;
- contenuti concepiti male, nei quali manca il giusto feeling, sono presenti errori grossolani e via dicendo;
- link spam distribuito variamente;
- carenza di informazioni essenziali nelle pagine;
- lentezza del sito;
- link interni mal distribuiti;
- link interni errati/poco funzionali;
- grafica discutibile;
- scarsa usabilità;
- scarsa compatibilità con dispositivi non desktop (palmari, smartphone ecc.).
I principali strumenti del mestiere utilizzati dai SEO sono i seguenti, senza entrare nei dettagli:
- Google Suggest: scriviamo una parola chiave rilevante per la nostra analisi e ci verranno suggerite le più comuni “estensioni” della stessa;
- Google Adwords Tools, che esplora invece il potenziale commerciale delle chiavi (priorità a chi investe di più su certe ricerche negli annunci di Google, cosa distinta e separata dai risultati di ricerca).
- Google Analytics, che fornisce informazioni sul numero di visite del sito, sulle conversioni e su altre metriche (anche di ricerca);
- Webmaster Tools di Google, che suggerisce invece il livello di indicizzazione, pertinenza e link delle pagine web del sito;
- Google Alert, che possiamo sfruttare per tenere d’occhio le query più competitive;
- SEOPanel, il tool SEO per eccellenza;
- Ahrefs, utile per monitorare i link in ingresso a qualsiasi sito (ovviamente secondo una stima interna);
- Alexa, strumento più grossolano, ma comunque utile per trovare spunti per tirare fuori backlink utili.
A questi aggiungerei l’operatore site: e quello link: di Google, dato che lo strumento di Yahoo! – utilissimo, a suo tempo – non sembra funzionare da diverso tempo. Si noti che l’operatore link: restituisce un campione casuale di link, non la loro totalità, e questo per evitare che i competitor possano “spiarci” dall’esterno. In genere inoltre l’aspetto “presentativo” dei risultati (come essi appaiono) dipende dalla query di ricerca inserita: lo strumento per testare i rich snippet, di fatto, testimonia esattamente questo aspetto all’interno delle descrizioni di alcune pagine (“Il motivo per cui non possiamo mostrare il testo dalla tua pagina web è perché il testo dipende dalla query digitata dall’utente.“).
Qualcosa di completamente diverso, dicevo all’inizio: perchè ho utilizzato questa frase? Il motivo è legato essenzialmente ad una cosa che ho notato da un po’ di tempo, ovvero che molti SEO si concentrano esclusivamente sulla foga da backlink dofollow senza avere la minima idea di cosa implichi la pertinenza. Si tratta di un’idea semplice ed elegante, snobbata da quasi tutti e mutuata dall’IR (Information Retrieval), e che risolve più problemi di quanto possa sembrare. Pertinenza, dunque, è la principale chiave di lettura del mio webinar “completamente diverso”, e rappresenta il “quanto” una pagina risponda correttamente alla richiesta di ricerca dell’utente e, soprattutto, non coincide affatto con la corrispondenza esatta: cosa significa? Potrei proporre un esempio illuminante accennando una breve storiella: qualche tempo fa il SEO di un piccolo portale per confrontare i piani di hosting venne contattato da un noto competitor, che lo intimava a rimuovere la parola “trova-prezzi” dal sito perchè ne deteneva i diritti. Cosa che, di fatto, il consulente fece subito: la cosa interessante – senza voler entrare nel merito della questione, non è questo il punto – è osservare che, dopo tanti mesi, cercando “trova prezzi hosting” quel sito compare ancora come quinto risultato di Google, e questo senza che la frase in questione sia presente all’interno del sito. Semplicemente quel sito risponde in modo corretto alla richiesta effettuata: non è il primo, chiaro, ma l’esempio fa capire tante cose.
Ho concluso il webinar con le tre principali tecniche di ottimizzazione (title / description per ogni pagina unici e non ripetuti, ricerca di link esterni prettamente correlati al sito, utilizzo di meta-descrizioni per video, prodotti) e con l’analisi di due possibili approcci, fondamentalmente errati, al problema. Il primo riguarda i backlink che passano PageRank, il secondo analizza brevemente l’uso/abuso dei link dofollow: da un lato l’utilizzo di backlink a PR elevato è una forzatura ufficialmente deprecata da Google (non lamentiamoci se poi ci penalizzano, per la serie), il secondo pone una questione controversa: i link nofollow servono comunque “a qualcosa”? Secondo me il fatto che non siano considerati per il PR non significa affatto che siano irrilevanti in un insieme di link omogeneo e sensato, anche perchè – ad esempio nel caso dei commenti che linkano un blog – possono comunque portare traffico targetizzato. Tutto dipende, come sempre, da quale sia lo scopo della nostra ottimizzazione.
Qualsiasi sito può in genere essere colpito da spam, per cui è bene monitorare – mediante WMT o altri strumenti – chi ci sta citando e segnalare tempestivamente le anomalie a Google, sia che colpiscano il nostro sito sia che riguardino i nostri competitor. L’analisi delle SERP per le chiavi di nostro interesse è certamente utile ma, come ho ribadito, non deve portare ad analisi fuorvianti per quanto ci possano convincere personalmente: ciò che mostra Google non indica per forza il proprio “criterio” di rank, anzi c’è ragione di credere l’esatto contrario. Un esempio di backlink piuttosto “potente” e facile da ottenere, che potete utilizzare per i vostri siti, è ricavabile da Scoop.it, il quale – a differenza di altri aggregatori di news – presenta tre vantaggi:
- possibilità di creare canali tematizzati (=backlink tematici) attraverso la creazione di vere e proprie riviste online;
- possibilità di rimuovere/modificare i contributi che non siano di nostro gradimento;
- possibilità di inserire liberamente sia testo a nostra scelta che link al nostro sito.
Per quanto riguarda le domande che avete posto, ho creato un articolo apposito che pubblicheremo proprio domani: grazie, ancora una volta, per l’attenzione.