Tra il 16 e il 18 maggio ho partecipato alla quarta edizione di Engage Prague. Si tratta di uno dei più importanti eventi marketing, organizzato da Socialbakers, a livello mondiale: worshop, case studies, conferenze e una full immersion a 360 gradi sui principali temi e tendenze che ruotano attorno a digital e social.
Il tema di quest’anno è stato il potere delle conversazioni/The Power of Conversations, leva fondamentale per generare fiducia e muovere gli utenti dalla scoperta del brand all’acquisto. A maggior ragione in un periodo caratterizzato da scandali in salsa Cambridge Analytica e dal dilagare delle fake news.
Ovviamente, questo macro tema è stato scomposto in vari punti: personalizzazione delle leve di content marketing, ottimizzazione della spinta adv e dell’investimento in paid, influencer marketing e selezione dei partner, gestione del nuovo algoritmo di Facebook, evoluzione dei formati (Live Video, Instagram Stories, VR, AR), etc.
Come è prevedibile, torno a casa con svariati spunti di riflessione. Tuttavia, ho deciso di seleziore i 4 che trovo più rilevanti.
1.Metriche e KPIs da soli non bastano
Content marketing e ads sono (evidentemente) due facce della stessa medaglia. L’aumento dei costi, oltre che le minori interazioni del pubblico, non vanno associati soltanto al calo della reach organica. Il targeting è fondamentale ma il punto centrale è la rilevanza di cosa proponiamo al pubblico. I brand aumentano il volume dei post engagement baiting ma il ritorno delle audience non è esattamente dei migliori. In aggiunta, sono contenuti penalizzati dalla piattaforma in termini di copertura.
Al contrario, la creazione di contenuti (realmente) efficaci e l’ottimizzazione del ritorno sull’investimento adv passa in maniera imprescindibile da adozione e conoscenza di AI e machine learning. Si tratta di un gap non più rimandabile da affrontare tramite competenze e strumenti ad hoc. Come confermato dal report Digital Intelligence Briefing 2018, oggi assistiamo a una mancanza di conoscenze e risorse che nel medio-lungo periodo possono trasformarsi in un evidente svantaggio competitivo.
Soltanto in questo modo si possono collezionare, modellare e far dialogare tutti i dati ed interazioni con il pubblico a target sui nostri canali. Ovvero, definire in maniera chirurgica le nostre Social Personas e conseguentemente i loro bisogni, desideri ed interessi. Attenzione, l’analisi qualitativa è importantissima ma da sola è inutile in quanto non può fisiologicamente elaborare (il volume è troppo ampio) tutti i dati rilevanti per l’elaborazione di modelli applicabili.
2.L’influencer marketing non è un monolite
I dati confermano che gli utenti reagiscono in media con autori di ‘portata’ minore rispetto alle celebrities. Quindi, bisogna differenziare e ampliare il numero di partner con cui lavorare a seconda di obiettivi, leve di content marketing utilizzate e (soprattutto) il grado di relazione con le diverse audience. Anche in questo caso, i criteri e le metriche di selezione degli influencer devono essere messi alla prova (validazione) da un confronto con una base dati la più ampia possibile. Il ritorno sull’investimento deve passare da algoritmi e filtri adattivi, non da excel e ricerche a mano. Il protagonista è il pubblico e le sue esigenze, non la nostra percezione. Identificare gli influencer più pertinenti è una sfida urgente che impatta in maniera diretta tempi di lavoro, processi organizzativi ed efficacia delle campagne.
3.Evoluzione ed integrazione dei formati
Formati come i Live Video su Facebook e le Instagram Stories mostrano risultati estremamente positivi in termini di visualizzazioni, copertura e conversazioni con il pubblico. Di conseguenza, vanno necessariamente integrati ma a patto di aver definito (vedi sopra) chiaramente le proprie Social Personas. Inoltre, sono asset che si sposano alla perfezione alle collaborazioni con gli influencer. Un esempio su tutti? I Question & Answer e i contest creativi.
4.La nuova maturità di Instagram
In un anno, l’investimento adv su Instagram è passato dal 10% al 40%. Inoltre, cresce esponenzialmente l’engagement di tutti quei settori che tradizionalmente erano lontani da questo canale. Andiamo verso una sempre maggiore competizione e una maturità della piattaforma. Ancora una volta, senza una creatività data-driven, fatta su misura per il pubblico, ci sarà poco da fare.
Infine, voglio segnalare un case study che non conoscevo ma che mi ha colpito particolarmente: #1917Live. Cosa sarebbe successo se Twitter fosse esistito durante gli anni della rivoluzione Russa?
E adesso, cosa possiamo fare per sfruttare al meglio questi trend? Non resta che rimboccarci le maniche e mettere (realmente) i dati e gli analytics al centro della nostra strategia. La ragione è semplice: i dati parlano delle persone, le intuizioni personali di noi stessi.